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Salve a tutti, sono Marta Maerini biologa nutrizionista del team di Nutrizione Sana e sono davvero felice di parlarvi in questo articolo di un argomento molto dibattuto ma poco trattato ovvero l’importanza della relazione tra dottore, nel mio caso specifico nutrizionista, e paziente.
Il motivo per cui amo fare questo lavoro è insito proprio nel concetto di relazione tra me e i miei pazienti, la mia missione è entrare in un rapporto di fiducia con voi per poter essere il più possibile di aiuto nel raggiungimento dei vostri obiettivi che possono essere i più disparati; c’è chi deve dimagrire per un matrimonio o una cerimonia importante, chi deve far rientrare le analisi del sangue nella norma e chi vuole migliorare il proprio stato di salute per qualche disturbo o patologia specifica.
Ogni vostra motivazione diventa per me uno stimolo nel trovare la strada migliore per ognuno di voi ed accompagnarvi nel perseguirla; motivandovi, dandovi idee innovative che vi possano aiutare nella gestione del menù settimanale e nel migliorare il rapporto con il cibo e la cucina sana. Avere la vostra fiducia è fondamentale per me, per poter comprendere le difficoltà che ognuno di voi può o meno incontrare e cercare insieme la soluzione migliore.
Entrare in empatia con i miei pazienti è ciò che più mi rende soddisfatta del mio lavoro e nei rari casi in cui non riesco in questo preferisco cercare un dialogo positivo per trovare una possibile connessione o piuttosto proporre qualche altro collega magari più affine caratterialmente al paziente, il bello di lavorare in un team come Nutrizione Sana è proprio avere la possibilità di confrontarsi e poter trovare approcci diversi nei diversi professionisti che ci lavorano con la stessa passione.
Cos’è l’Alleanza Terapeutica e Perché è così importante
L’alleanza terapeutica è un concetto cardine in ambito psicologico e sanitario che descrive la collaborazione attiva e consapevole tra il professionista (psicologo, medico, nutrizionista, fisioterapista, ecc.) e il paziente. Questo legame non è un semplice rapporto formale, ma una relazione fondata su fiducia, empatia e rispetto reciproco, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
Il termine “alleanza terapeutica” è stato sviluppato nel contesto della psicoterapia, dove rappresenta il pilastro per un percorso efficace. Fu Sigmund Freud uno dei primi a evidenziarne l’importanza, ma è con gli studi di Edward Bordin che si definiscono i suoi tre elementi fondamentali:
L’accordo sugli obiettivi
Paziente e professionista condividono e concordano le mete del percorso terapeutico;
L’accordo sui compiti
Vengono stabilite le attività e le strategie necessarie per raggiungere tali obiettivi;
Il legame emotivo
Si crea un rapporto basato su empatia, sostegno e comprensione.
Oggi, il concetto è stato esteso anche a molti altri ambiti sanitari, dalla medicina alla nutrizione, dimostrando come una relazione di qualità possa influire positivamente sull’aderenza alle terapie e, di conseguenza, sui risultati.
In ambito sanitario, l’alleanza terapeutica è cruciale per superare ostacoli che spesso emergono durante un percorso di cura. Per esempio:
- Difficoltà a seguire prescrizioni: un paziente che percepisce il terapeuta come una figura distante potrebbe non seguire le indicazioni per mancanza di fiducia;
- Paura e ansia legate alla malattia: un rapporto empatico aiuta a ridurre lo stress e a migliorare il benessere psicologico;
- Motivazione: l’impegno del paziente aumenta se si sente coinvolto attivamente nelle decisioni.
Vi propongo un esempio pratico: Quando incontro un paziente che ha provato molte diete senza successo, il primo passo non è fornire un piano alimentare, ma costruire un dialogo. Spiego che non sono lì per giudicarlo, ma per capire insieme cosa non ha funzionato in passato. Domando: “Cosa ti ha fatto smettere? Quali sono stati i momenti più difficili?” Questo tipo di conversazione apre la strada a una relazione collaborativa, dove il paziente non si sente più solo ma parte attiva del percorso.
In sintesi, l’alleanza terapeutica non è solo un elemento “aggiuntivo”, ma la base per qualsiasi intervento efficace. Come diceva Carl Rogers, uno dei padri della psicologia umanistica: “Quando una persona si sente accolta e capita, inizia a trasformarsi”.
Il rapporto tra dottore e paziente non si limita alla semplice trasmissione di informazioni o prescrizioni. La chiave per un percorso terapeutico efficace è la presenza di empatia e fiducia, due elementi fondamentali per costruire una relazione autentica e collaborativa.
L’empatia è la capacità del professionista di mettersi nei panni del paziente, comprendendo non solo ciò che dice, ma anche ciò che sente. Non si tratta semplicemente di ascolto passivo, ma di un coinvolgimento attivo che consente di cogliere i bisogni, le paure e le difficoltà del paziente.
Riduce le barriere emotive
Un paziente che si sente compreso è più incline ad aprirsi, raccontando i propri problemi senza timore di essere giudicato.
Aumenta la motivazione
Sapere che il professionista riconosce e valorizza le sue difficoltà spinge il paziente a impegnarsi maggiormente nel percorso.
Favorisce un approccio personalizzato
Comprendendo il vissuto del paziente, il professionista può proporre soluzioni più adatte e sostenibili.
Per proporvi nella mia pratica: Un paziente che arriva in studio con frustrazione per non essere riuscito a perdere peso spesso si aspetta di essere rimproverato o criticato. In questi casi, invece di partire con spiegazioni tecniche, preferisco un approccio empatico: “Capisco che non sia facile affrontare questo percorso, soprattutto se ti sei sentito demoralizzato in passato. Raccontami cosa hai vissuto finora, così possiamo capire insieme come migliorare la situazione.” Questo semplice gesto permette al paziente di sentirsi accolto e valorizzato.
La fiducia rappresenta il fondamento di ogni rapporto terapeutico. Un paziente che si fida del professionista è più disposto a seguire le indicazioni, condividere dubbi e affrontare sfide. Tuttavia, la fiducia non è immediata: si costruisce con il tempo, attraverso coerenza, trasparenza e competenza.
Trasparenza
Spiegare il perché di ogni decisione o consiglio aiuta il paziente a sentirsi coinvolto e rispettato
Coerenza
Mantenere le promesse e agire con costanza rafforza il senso di sicurezza
Competenza
Dimostrare di avere le conoscenze necessarie per affrontare le problematiche del paziente consolida la stima reciproca.
Durante un percorso di nutrizione, molti pazienti mi chiedono: “Ma davvero funzionerà questa dieta? Ho paura di fallire di nuovo.” In questi casi, è fondamentale rispondere in modo sincero e rassicurante: “Capisco la tua preoccupazione. Non ti prometto risultati miracolosi, ma costruiremo insieme un percorso basato su ciò che è realistico per te. Se ci saranno difficoltà, le affronteremo una per volta.” Questo approccio rafforza la fiducia, mostrando che non si tratta di una sfida individuale, ma di un lavoro di squadra.
Empatia e fiducia non sono elementi isolati, ma si rafforzano a vicenda:
- L’empatia crea un clima di comprensione, che getta le basi per la fiducia.
- La fiducia, a sua volta, permette al paziente di aprirsi ulteriormente, facilitando una relazione sempre più empatica.
In sintesi, l’empatia è l’arte di ascoltare con il cuore, mentre la fiducia è il ponte che unisce il paziente al dottore. Insieme, creano una relazione terapeutica che non solo migliora gli esiti clinici, ma rende il percorso un’esperienza umana e significativa.
Il Ruolo del Nutrizionista nell’Alleanza Terapeutica
La compliance psicologica, intesa come la disponibilità e l’impegno del paziente nel seguire le indicazioni del professionista, e la relazione terapeutica sono concetti distinti ma profondamente interconnessi. Entrambi giocano un ruolo cruciale nel successo di un percorso di cura e si influenzano reciprocamente, dando vita a un circolo virtuoso (o, in caso di criticità, a un circolo vizioso).
Una relazione terapeutica di qualità è il primo passo per ottenere la fiducia e la collaborazione del paziente. Quando il paziente percepisce empatia, rispetto e coinvolgimento da parte del terapeuta, è più motivato a seguire le indicazioni fornite. Questo accade per diverse ragioni:
Sicurezza emotiva
Una relazione empatica riduce la percezione di giudizio e favorisce l’apertura, elementi essenziali per accettare e adottare cambiamenti proposti dal terapeuta;
Condivisione degli obiettivi
Se il paziente si sente coinvolto nella definizione del percorso, è più probabile che aderisca al trattamento, perché lo percepisce come costruito su misura per le sue esigenze;
Motivazione intrinseca
Il supporto continuo del terapeuta rafforza la motivazione del paziente, rendendo più semplice mantenere l’impegno richiesto.
Nella mia esperienza da nutrizionista, alcuni pazienti possono inizialmente manifestare resistenza al cambiamento, ad esempio dicendo: “Non riesco a eliminare il dolce a fine pasto, è la mia unica gratificazione.” In questo caso, una risposta empatica che propongo: “Capisco quanto sia importante per te quel momento. Vediamo insieme come possiamo trovare un’alternativa che non ti faccia sentire privato di qualcosa.” Questo tipo di approccio rafforza il legame e aumenta la disponibilità del paziente a collaborare.
D’altro canto, una buona compliance da parte del paziente ha effetti positivi sulla relazione terapeutica. Quando il paziente si impegna e ottiene risultati tangibili, si instaura un clima di fiducia e collaborazione che rafforza il rapporto con il professionista. Questo avviene attraverso:
Feedback positivo
Il raggiungimento di piccoli traguardi migliora la visione del paziente, che inizia a percepire il terapeuta come una guida affidabile;
Apertura e comunicazione
La compliance facilita uno scambio più fluido tra paziente e professionista, favorendo una maggiore condivisione di esperienze, dubbi e successi;
Soddisfazione reciproca
Il paziente si sente supportato e il dottore percepisce il suo ruolo come efficace e gratificante, consolidando il rapporto.
Immaginiamo un paziente che riesce a seguire un piano alimentare per due settimane e nota un miglioramento nei livelli di energia. Questo risultato, anche se iniziale, rinforza la sua fiducia nel piano e nella mia figura di nutrizionista, ed anche io sarò più motivata a sostenerlo e a personalizzare ulteriormente il percorso.
Tuttavia, quando la relazione terapeutica non è adeguata, la compliance può risentirne. Ad esempio:
- Mancanza di empatia: un terapeuta percepito come distante o giudicante può portare il paziente a ignorare le indicazioni;
- Comunicazione inefficace: se il professionista non spiega chiaramente il senso delle sue prescrizioni, il paziente potrebbe percepire il trattamento come inutile o difficile da seguire.
Allo stesso modo, una scarsa compliance può logorare la relazione terapeutica:
- Frustrazione del terapeuta: la percezione di mancato impegno da parte del paziente può minare il senso di efficacia del professionista;
- Demotivazione del paziente: quando un paziente non riesce a seguire le indicazioni e non riceve il giusto supporto, può sentirsi inadeguato e abbandonare il percorso.
Le strategie per migliorare relazione e compliance possono essere:
Definizione condivisa degli obiettivi
>> Concordare insieme al paziente mete realistiche e sostenibili aumenta la motivazione;
Adattamento progressivo
>> Proporre cambiamenti graduali, evitando approcci troppo drastici, facilita l’aderenza;
Feedback continuo
>> Celebrare anche i piccoli successi aiuta il paziente a sentirsi supportato;
Comunicazione aperta
>> Chiedere periodicamente al paziente come si sente riguardo al percorso rafforza il legame e anticipa eventuali difficoltà.

Quando un paziente si lamenta con me di non essere riuscito a seguire il piano alimentare, evito giudizi o rimproveri. Invece, chiedo: “Cosa ha reso difficile seguire le indicazioni? Cosa possiamo fare per adattarle meglio alle tue esigenze?” Questo approccio non solo mantiene la relazione terapeutica intatta, ma aiuta il paziente a percepire il percorso come flessibile e realistico. Invece nei casi in cui il dimagrimento è importante mi piace festeggiare insieme le varie tappe, in genere ogni 5 kg persi mi congratulo con il paziente e cerco di fargli capire la gioia condivisa di questo traguardo.
La relazione terapeutica e la compliance psicologica si sostengono reciprocamente in un rapporto dinamico. Una buona relazione incentiva la compliance, mentre un paziente collaborativo rafforza la fiducia e il senso di efficacia del terapeuta. Coltivare entrambi gli aspetti, con empatia e strategie personalizzate, è il segreto per un percorso terapeutico non solo efficace, ma anche gratificante per dottore e paziente.

Il Nutrizionista Non è il "Cattivo"
Il nutrizionista occupa un ruolo centrale nella promozione della salute, operando come ponte tra scienza e pratiche quotidiane per migliorare lo stile di vita delle persone. La nostra figura professionale non si limita a prescrivere piani alimentari, ma interviene attraverso un approccio integrato, basato su solide competenze scientifiche, personalizzazione e educazione alimentare.
Il lavoro del nutrizionista si fonda su una conoscenza approfondita delle scienze biologiche, chimiche e mediche. È un professionista qualificato che analizza e utilizza:
- Fisiologia e biochimica: per comprendere i processi metabolici che regolano l’organismo e l’impatto dei nutrienti sul corpo;
- Evidenze scientifiche aggiornate: il nutrizionista si basa su studi clinici e linee guida internazionali per formulare raccomandazioni sicure ed efficaci;
- Patologie e condizioni cliniche: identifica i bisogni specifici di pazienti sani o con condizioni croniche come diabete, ipertensione o obesità.
Un piano nutrizionale non è mai casuale, ma si basa su dati oggettivi e misurabili. Per esempio, per costruire un piano alimentare adeguato, il nutrizionista analizza:
- Fabbisogni energetici: calcolati in base al metabolismo basale, all’attività fisica e ad eventuali condizioni cliniche;
- Distribuzione dei macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi vengono bilanciati in modo personalizzato;
- Micronutrienti essenziali: vitamine e minerali sono considerati per garantire il corretto funzionamento dell’organismo.
Fabbisogni energetici | Il nutrizionista parte dal calcolo del metabolismo basale (energia necessaria per le funzioni vitali) e lo somma al dispendio energetico legato ad attività quotidiane o sportive. Ad esempio: Un individuo sedentario avrà esigenze energetiche diverse rispetto a uno sportivo di endurance. In condizioni come gravidanza o allattamento, i fabbisogni aumentano per sostenere i cambiamenti fisiologici. |
Macronutrienti | Ogni macronutriente ha un ruolo specifico e viene bilanciato in base agli obiettivi: Carboidrati: principale fonte di energia, soprattutto per cervello e muscoli. La quantità varia in base al livello di attività fisica e agli obiettivi (ad es., calo di peso o miglioramento della performance atletica). Proteine: essenziali per la sintesi muscolare, il sistema immunitario e molti processi cellulari. Il fabbisogno proteico può aumentare in età avanzata o in condizioni di malattia. Grassi: indispensabili per l’assorbimento delle vitamine liposolubili e la produzione di ormoni. La qualità è cruciale: si privilegiano grassi insaturi (come olio d’oliva e frutta secca) rispetto a quelli saturi e trans. |
Micronutrienti | Il nutrizionista presta attenzione alle vitamine (ad es., vitamina D, fondamentale per le ossa) e ai minerali (ad es., ferro e calcio) che possono essere carenti in particolari popolazioni, come donne in età fertile o anziani. Eventuali carenze vengono corrette con una dieta mirata o, se necessario, con l’integrazione che spesso consigliamo. Uno degli obiettivi più importanti del nutrizionista è educare il paziente a comprendere il valore del cibo e a fare scelte consapevoli, promuovendo un’alimentazione equilibrata e sostenibile nel tempo. |
L’educazione alimentare si basa su:
Conoscenza delle porzioni
>> Imparare a distinguere le quantità adeguate di alimenti per evitare eccessi o carenze.
Equilibrio tra nutrienti
>> Capire come bilanciare un pasto (ad es. includendo una fonte di proteine, carboidrati e grassi sani).
Importanza della varietà
>> Consumare una gamma diversificata di alimenti per ottenere tutti i nutrienti necessari.
Gestione delle emozioni legate al cibo
>> Affrontare il legame tra alimentazione e benessere psicologico, evitando comportamenti disfunzionali come il “comfort eating.”
Quando un paziente mi chiede: “Perché devo mangiare le verdure ad ogni pasto?” non rispondo con un generico “Perché fanno bene”. Spiego che le verdure apportano fibre, vitamine e minerali, aiutano a sentirsi sazi e migliorano la salute dell’intestino. Aggiungo un consiglio pratico: “Prova a preparare le verdure in modo diverso, come una vellutata o al forno con le spezie, per variare i sapori.”
Oltre a lavorare con i singoli pazienti, il nutrizionista gioca un ruolo chiave nella promozione della salute pubblica, attraverso:
Campagne di sensibilizzazione
Informare la popolazione sull’importanza di un’alimentazione equilibrata.
Collaborazione con scuole e aziende
Per migliorare l’educazione alimentare di bambini e adulti. Ad esempio ho proposto serate di educazione alimentare nelle scuole per divulgare la sana alimentazione alle famiglie dei più piccoli che costruiscono le basi per delle abitudini corrette
Prevenzione delle malattie
Un’alimentazione corretta riduce il rischio di malattie croniche come diabete, obesità e patologie cardiovascolari.
Il nutrizionista non è solo un tecnico del cibo, ma un educatore e alleato della salute, capace di trasformare la scienza in strumenti pratici per il benessere. Attraverso la personalizzazione dei piani alimentari e l’educazione alimentare, offre ai pazienti non solo un percorso di cura, ma un nuovo modo di vivere e valorizzare il cibo come strumento per una vita sana e consapevole.
Una dieta equilibrata non è solo uno strumento per raggiungere un peso ideale o prevenire patologie croniche: è una componente essenziale per il benessere psicofisico complessivo. Il cibo, infatti, nutre non solo il corpo, ma anche la mente, influenzando direttamente l’energia, l’umore e la qualità della vita. In questo percorso, il nutrizionista svolge un ruolo chiave, non come giudice, ma come partner e guida, aiutando i pazienti a compiere scelte alimentari sostenibili e personalizzate.

Come una dieta equilibrata influisce sul benessere psicofisico
Miglioramento delle funzioni cerebrali e dell’umore
Alcuni nutrienti, come gli acidi grassi omega-3, presenti in pesci grassi (ad esempio, salmone e sgombro), sono fondamentali per il funzionamento cerebrale e la prevenzione di disturbi come ansia e depressione.
I carboidrati complessi (cereali integrali, legumi) favoriscono la produzione di serotonina, il neurotrasmettitore del buonumore.
Per approfondire il tema dell’Alimentazione Integrale, scopri: Alimentazione Integrale: Benefici, Controindicazioni e Consigli Utili
Le vitamine del gruppo B (presenti in alimenti come verdure a foglia verde, uova e cereali integrali) sostengono il sistema nervoso, riducendo stanchezza mentale e stress.
Regolazione dei livelli di energia
Una dieta bilanciata fornisce energia stabile durante la giornata. Alimenti ricchi di zuccheri semplici (come dolci e snack industriali) possono causare sbalzi glicemici, portando a cali di energia e irritabilità. Alternativamente, pasti bilanciati con proteine, carboidrati complessi e grassi sani garantiscono un rilascio graduale di energia.
Supporto al sistema immunitario
Una dieta ricca di frutta, verdura, proteine magre e grassi sani fornisce antiossidanti e micronutrienti, come la vitamina C, il selenio e lo zinco, che rinforzano il sistema immunitario. Questo contribuisce a migliorare il benessere generale e a prevenire malattie.
Influenza positiva sul sonno
Nutrienti come il triptofano (contenuto in alimenti come pollo, tacchino e semi di zucca) e il magnesio (in mandorle e spinaci) migliorano la qualità del sonno, indispensabile per il recupero fisico e mentale.
Gestione dello stress
Cibi ad alto contenuto di magnesio, come cioccolato fondente e legumi, hanno un effetto rilassante sul sistema nervoso. Inoltre, una dieta equilibrata riduce lo stress metabolico, migliorando la resilienza fisica e mentale.
Noi nutrizionisti dobbiamo essere una guida non dei giudici
Il nutrizionista non giudica le abitudini alimentari del paziente, ma parte dal loro vissuto per costruire un piano realistico e sostenibile. Come dico spesso ai miei pazienti: “Non esiste una dieta perfetta valida per tutti, ma il percorso giusto per te, che tenga conto delle tue esigenze, preferenze e difficoltà.”
Un elemento cruciale del supporto nutrizionale è aiutare i pazienti a comprendere il valore degli alimenti, senza imposizioni rigide. Per esempio:
- Se un paziente ama mangiare dolci, non lo privo del piacere, ma lavoro per trovare alternative sane o modalità di consumo più equilibrate.
- Spiego che un’alimentazione sana non significa privazioni estreme, ma equilibrio: “Mangiare una pizza il sabato sera non compromette il tuo percorso, se bilanciata con altre scelte sane durante la settimana.”

Il nutrizionista insegna come adottare abitudini alimentari durature. Cambiamenti drastici o piani troppo restrittivi portano spesso al fallimento, mentre piccoli passi progressivi, come introdurre più verdure nei pasti o sostituire snack industriali con opzioni naturali, sono più efficaci.

Un percorso condiviso verso il benessere
Il nutrizionista lavora in stretta collaborazione con il paziente, creando un rapporto basato su fiducia, empatia e ascolto. Questo approccio consente di:
Identificare e superare gli ostacoli
Ad esempio, se il paziente fatica a cucinare per mancanza di tempo, si può elaborare un piano con ricette veloci e facili;
Rendere il cibo una fonte di piacere
Educare a gustare i pasti, valorizzando sapori e consistenze, anziché concentrarsi solo sulle calorie;
Sviluppare una mentalità positiva verso l’alimentazione
Superare il senso di colpa legato al cibo e imparare che ogni pasto è un’opportunità per nutrire il corpo e la mente.
Una dieta equilibrata è il fondamento del benessere psicofisico, capace di migliorare non solo la salute fisica, ma anche la qualità della vita, l’umore e l’energia mentale. Il nutrizionista, con la sua competenza scientifica e un approccio umano, è un alleato prezioso in questo percorso. Non è un giudice pronto a correggere gli errori, ma un partner che guida il paziente verso scelte alimentari consapevoli, sostenibili e personalizzate, trasformando il cibo in uno strumento di salute e piacere.
Differenza tra Nutrizionista, Dietologo e Dietista
Spesso si tende a confondere i ruoli di nutrizionista, dietologo e dietista, ma si tratta di figure professionali distinte, con competenze specifiche e percorsi formativi differenti. Comprendere queste differenze è fondamentale per sapere a chi rivolgersi in base alle proprie esigenze.
Il nutrizionista
È un biologo abilitato all’esercizio della professione che si occupa di nutrizione e alimentazione. È iscritto all’Ordine Nazionale dei Biologi e ha competenze specifiche nel campo della nutrizione umana.
Formazione
Laurea magistrale in Biologia, Scienze della Nutrizione Umana o un altro indirizzo affine.
Superamento dell’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di biologo.
Eventuali corsi di perfezionamento o master in ambito nutrizionale.
Cosa può fare?
Valutare i fabbisogni nutrizionali di persone sane o con specifiche esigenze;
Elaborare piani alimentari personalizzati;
Offrire educazione alimentare;
Lavorare autonomamente o in collaborazione con altre figure sanitarie.
Cosa non può fare?
Non può prescrivere farmaci o diagnosticare patologie;
Non può elaborare diete in presenza di malattie, a meno che non vi sia un’indicazione medica.
Dietologo
È un medico specializzato in scienza dell’alimentazione. È una figura sanitaria che unisce la conoscenza medica alle competenze nutrizionali, potendo intervenire su casi complessi che richiedono una valutazione clinica approfondita.
Formazione
Laurea in Medicina e Chirurgia;
Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione;
Abilitazione all’esercizio della professione medica e iscrizione all’Ordine dei Medici.
Cosa può fare?
Diagnosticare malattie e prescrivere terapie nutrizionali;
Prescrivere farmaci;
Elaborare diete terapeutiche;
Monitorare i parametri clinici.
Cosa non può fare?
Non ha limiti rispetto alle competenze nutrizionali, ma si concentra su aspetti clinici e terapeutici.
Il dietista
È un professionista sanitario esperto di nutrizione e dietetica, con competenze specifiche nel trattamento dietoterapico di pazienti sotto supervisione medica. Lavora sia nel settore pubblico che privato.
Formazione
Laurea triennale in Dietistica;
Abilitazione alla professione di dietista.
Cosa può fare?
Elaborare diete su prescrizione medica;
Offrire educazione alimentare in ambiti specifici;
Collaborare con medici e nutrizionisti.
Cosa non può fare?
Non può prescrivere farmaci o diagnosticare patologie;
Non può operare in autonomia nella gestione di diete cliniche.
Caratteristica | Nutrizionista | Dietologo | Dietista |
---|---|---|---|
Titolo accademico | Laurea in Biologia/Nutrizione | Laurea in Medicina e Chirurgia | Laurea in Dietistica |
Prescrizione di farmaci | No | Sì | No |
Diagnosi medica | No | Sì | No |
Elaborazione di diete | Sì (persone sane) | Sì (anche per malati) | Sì (su prescrizione medica) |
Autonomia professionale | Totale (per persone sane) | Totale | Limitata (su prescrizione) |
A chi rivolgersi quindi?
Nutrizionista: per migliorare lo stile di vita o ottimizzare l’alimentazione di persone sane.
Dietologo: per diagnosi mediche o piani alimentari legati a patologie complesse.
Dietista: per seguire una dieta terapeutica sotto indicazione medica o per interventi educativi.
Tutte e tre le figure collaborano per promuovere la salute e il benessere alimentare, ciascuna con competenze specifiche. La scelta dipende dalle esigenze personali, dallo stato di salute e dagli obiettivi da raggiungere. In ogni caso, è fondamentale affidarsi a professionisti qualificati per garantire interventi sicuri ed efficaci.
Quando e Come Si Rompe l’Alleanza Terapeutica
L’alleanza terapeutica è una componente essenziale per il successo di ogni percorso sanitario. Tuttavia, può essere soggetta a rotture dovute a diversi fattori, come incomprensioni, aspettative disattese o difficoltà comunicative. Identificare le cause della crisi e adottare strategie per superarle è fondamentale per ricostruire la fiducia e riportare il paziente e il professionista a lavorare insieme verso obiettivi condivisi.
Principali cause di rottura dell’alleanza terapeutica:
Mancanza di empatia o ascolto
Quando il paziente percepisce il professionista come distante o poco interessato alle sue difficoltà, può sentirsi giudicato o non compreso;
Ad esempio, risposte standardizzate o frettolose possono trasmettere l’idea che il terapeuta non consideri il paziente come un individuo unico.
Comunicazione inefficace
Indicazioni poco chiare, uso eccessivo di termini tecnici o mancanza di spiegazioni dettagliate possono generare confusione e frustrazione;
La mancanza di confronto può portare il paziente a seguire male le indicazioni o ad abbandonare il percorso.
Aspettative non realistiche
Se il paziente si aspetta risultati rapidi o troppo ambiziosi e questi non si realizzano, può sentirsi deluso e perdere fiducia;
Spesso il problema nasce dalla mancata definizione iniziale di obiettivi realistici e condivisi.
Resistenza al cambiamento
Il paziente potrebbe trovare difficoltà ad adattarsi alle nuove abitudini o sentirle troppo impegnative, percependo il percorso come un fallimento personale;
Senza un adeguato supporto, questa difficoltà può compromettere la relazione terapeutica.
Differenze di valori o priorità
Quando il professionista e il paziente hanno visioni diverse su cosa sia importante (ad esempio, il paziente desidera un approccio meno restrittivo o più flessibile), può crearsi una tensione che mina la collaborazione.
Strategie per ricostruire la fiducia e superare le incomprensioni
Riconoscere il problema
Il primo passo per risolvere una rottura è riconoscerne l’esistenza. Questo implica un confronto aperto e onesto con il paziente.
Ad esempio, mi è capitato di dire: “Mi sembra che qualcosa non stia funzionando nel nostro percorso. Puoi dirmi come ti senti e cosa posso fare per aiutarti meglio?”
Mostrare empatia e comprensione
È fondamentale accogliere le difficoltà del paziente senza giudizio, dimostrando che i suoi sentimenti sono validi.
Un esempio potrebbe essere: “Capisco che tu possa sentirti scoraggiato. È normale che il cambiamento richieda tempo e impegno. Lavoriamo insieme per trovare una soluzione che sia più sostenibile per te.”
Riformulare obiettivi e strategie
Se il problema nasce da obiettivi troppo ambiziosi o indicazioni difficili da seguire, è utile ridiscutere il piano terapeutico per adattarlo meglio alle esigenze del paziente.
Ad esempio: “Se trovi difficile mantenere questi cambiamenti, possiamo ridimensionarli per renderli più gestibili e vedere comunque progressi.”
Migliorare la comunicazione
È importante verificare che le indicazioni siano chiare e comprensibili, utilizzando un linguaggio semplice e chiedendo conferma al paziente.
Esempio: “Ti sembra chiaro il motivo per cui ti ho suggerito questi cambiamenti? Se c’è qualcosa che ti preoccupa, parliamone.”
Offrire sostegno continuo
Il paziente deve percepire che il professionista è un partner nel suo percorso, disponibile ad aiutarlo anche nei momenti difficili.
Ad esempio: “Non devi affrontare tutto da solo. Se hai difficoltà, sono qui per trovare con te delle soluzioni.”

Rafforzare il senso di autoefficacia
Aiutare il paziente a riconoscere i progressi, anche piccoli, può motivarlo e ripristinare la fiducia nella relazione.
Frasi come “Hai già fatto un ottimo lavoro introducendo più verdure nella tua dieta. Questo è un passo importante!” possono rafforzare il senso di competenza del paziente.
Rispettare i valori e le priorità del paziente
Quando emergono differenze di visione, è utile trovare un compromesso che soddisfi le esigenze di entrambi.
Ad esempio: “Se per te è importante mantenere quel momento conviviale con la famiglia, vediamo come integrare questo aspetto nel tuo piano alimentare.”
Le rotture dell’alleanza terapeutica non sono insolite, ma rappresentano un’opportunità per migliorare la relazione e personalizzare ulteriormente il percorso. Attraverso empatia, ascolto attivo e adattamento delle strategie, è possibile ricostruire la fiducia e trasformare un momento di difficoltà in una base più solida per il successo terapeutico.
Come dico spesso ai miei pazienti: “Ogni percorso ha i suoi ostacoli, ma affrontarli insieme è il modo migliore per superarli.”
Costruire una Relazione di Fiducia con il Nutrizionista
Un rapporto empatico è alla base di una relazione terapeutica efficace. Per costruire questo legame, il professionista deve sviluppare competenze specifiche e utilizzare strumenti e strategie che favoriscano la comprensione reciproca e la fiducia. Ecco alcuni strumenti utili per promuovere l’empatia e migliorare la comunicazione con il paziente.
L’ascolto attivo è il pilastro di una relazione empatica. Non si tratta solo di sentire ciò che il paziente dice, ma di cogliere il significato profondo delle sue parole, emozioni e bisogni.
Come praticarlo:
Riformulazione
Ripetere in modo sintetico ciò che il paziente ha detto, per dimostrare di aver compreso e per confermare la comprensione (“Se ho capito bene, mi stai dicendo che...”).
Silenzio consapevole
Dare spazio al paziente per esprimersi senza interromperlo, mostrando attenzione.
Domande aperte
Incentivare il paziente a raccontarsi con domande come: “Cosa ti preoccupa maggiormente di questo cambiamento?”
La comunicazione non verbale rappresenta oltre il 70% del messaggio trasmesso durante un’interazione. Gesti, posture ed espressioni possono rafforzare (o indebolire) il senso di empatia percepito dal paziente.
Elementi chiave:
Contatto visivo
Guardare il paziente negli occhi con un atteggiamento accogliente dimostra interesse e vicinanza.
Postura aperta
Sedersi con il busto leggermente inclinato verso il paziente, evitando incrociare le braccia, comunica disponibilità.
Espressioni facciali
Un sorriso o un’espressione che rifletta comprensione mostrano che il professionista è coinvolto emotivamente.
Validare le emozioni del paziente significa riconoscere e accettare ciò che prova, senza giudizio. Questo approccio aiuta il paziente a sentirsi accolto e compreso.
Esempi pratici
Riconoscere le emozioni: “Capisco che tu possa sentirti frustrato dopo tanti tentativi che non hanno funzionato.”
Normalizzare i sentimenti: “È assolutamente normale provare questa difficoltà quando si affronta un cambiamento.”
Ogni paziente è unico e richiede un approccio su misura, che tenga conto delle sue esigenze, preferenze e caratteristiche.
Strategie utili
Adattare il linguaggio: evitare termini tecnici se il paziente non ha una formazione medica, ma mantenere una comunicazione chiara e accessibile.
Considerare il contesto personale: comprendere il background culturale, sociale ed emotivo del paziente per offrirgli soluzioni pertinenti.
Un diario alimentare o un registro del percorso terapeutico può diventare uno strumento empatico, trasformando il paziente in un partner attivo.
Vantaggi
Monitoraggio condiviso: il paziente si sente coinvolto nel processo, e il professionista può commentare i progressi in modo positivo.
Feedback costruttivo: analizzare insieme i dati raccolti aiuta a individuare difficoltà e soluzioni senza giudizi.
La narrazione può essere uno strumento potente per creare connessioni. Raccontare brevi esempi di esperienze simili di altri pazienti (anonime, ovviamente) o metafore aiuta il paziente a sentirsi meno isolato.
Esempio:
“Molti pazienti trovano difficile cambiare le abitudini alimentari inizialmente, ma spesso mi raccontano che con piccoli passi si sono sentiti più sicuri. Possiamo fare lo stesso insieme.”
Un atteggiamento orientato alla risoluzione dei problemi aiuta a mantenere il focus sugli aspetti positivi del percorso, anche di fronte a difficoltà.
Esempio pratico
Domande positive: “Cosa ha funzionato per te finora? Come possiamo replicarlo in altri ambiti della tua alimentazione?”
Focus sui progressi: celebrare anche piccoli traguardi per incoraggiare il paziente.
La tecnologia può facilitare la comunicazione e il senso di vicinanza tra professionista e paziente, soprattutto nei percorsi a lungo termine.
Esempi di strumenti utili
App di monitoraggio: permettono al paziente di condividere i progressi o le difficoltà in tempo reale.
Comunicazioni periodiche: messaggi di supporto via email o chat aiutano il paziente a sentirsi seguito anche fuori dallo studio.
Coinvolgere il paziente nella definizione degli obiettivi terapeutici è essenziale per creare una relazione empatica e collaborativa.
Come fare:
Chiedere input: “Cosa ritieni più importante per te in questo percorso?”
Stabilire obiettivi realistici e personalizzati: concordare traguardi raggiungibili evita frustrazioni e migliora la motivazione.
Auto-riflessione del professionista
Per essere empatico, il professionista deve anche lavorare su se stesso, imparando a riconoscere e gestire le proprie emozioni e pregiudizi.
Strumenti utili:
Feedback regolari: chiedere ai pazienti come si sentono rispetto alla relazione terapeutica.
Formazione continua: partecipare a corsi e workshop su empatia e comunicazione.
Promuovere una relazione empatica richiede impegno, attenzione e strumenti specifici. Un professionista che sa ascoltare attivamente, validare le emozioni e personalizzare il percorso alimenta la fiducia del paziente, trasformando il rapporto terapeutico in una vera partnership. Come dico spesso ai miei pazienti: “Il mio obiettivo non è dirti cosa fare, ma lavorare insieme per capire cosa è meglio per te.”
Mie conclusioni personali
Avere avuto la possibilità di studiare nel mio corso di laurea in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana al Campus Bio-Medico di Roma discipline come antropologia e counseling nutrizionale mi ha conferito un gran vantaggio nell’approccio al mestiere di biologa nutrizionista.
Il counseling nutrizionale rappresenta un metodo innovativo e umano che mette il paziente al centro del percorso di cambiamento. Attraverso empatia, ascolto e strumenti pratici, il nutrizionista diventa un partner di fiducia, capace di accompagnare il paziente verso il raggiungimento di un benessere alimentare duraturo e consapevole. Fondamentale per essere dei professionisti di successo ed avere molti pazienti di successo.
Sono entrata nel team di Nutrizione Sana da ormai diversi anni e posso garantire che avere la collaborazione anche con il team di Psicologia Sana ha dato a noi nutrizionisti del team un plus enorme rispetto ad altri nostri colleghi che non hanno la possibilità di interfacciarsi con figure professionali così strettamente legate al nostro approccio lavorativo, grazie a formazioni con le nostre psicologhe o semplicemente confronti riguardo percorsi più impegnativi ci consente di migliorare e crescere.
Molti comportamenti alimentari sono legati a dinamiche psicologiche, come lo stress, l’ansia, la bassa autostima o il rapporto emotivo con il cibo. Grazie al confronto con uno psicologo, possiamo meglio comprendere le radici di queste problematiche e adattare il nostro approccio.
La collaborazione con gli psicologi ci consente di offrire un intervento multidimensionale, dove nutrizione e benessere psicologico si integrano in un unico percorso. Questo approccio aumenta significativamente l’efficacia dei trattamenti, migliorando i risultati per il paziente e la soddisfazione professionale per noi nutrizionisti. Come dico spesso ai miei pazienti: “Il cibo non è solo carburante per il corpo, ma anche una parte della nostra identità e delle nostre emozioni. Affrontarlo da diverse prospettive è la strada migliore per un cambiamento duraturo.”
Un bravo nutrizionista è colui che unisce scienza e umanità, trasformando il cibo in uno strumento di salute, piacere e consapevolezza. Non è solo un professionista, ma un alleato che guida il paziente verso il benessere, passo dopo passo, con empatia e competenza. Essere un bravo nutrizionista significa non solo migliorare la vita del paziente, ma contribuire a creare una cultura del benessere più equilibrata e sostenibile.
Bibliografia
Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
WHO’s Framework for Integrated People-Centred Health Services
Documento che evidenzia l’importanza dell’empatia e della collaborazione nella relazione tra professionista sanitario e paziente. Disponibile sul sito ufficiale dell’OMS.
National Institute for Health and Care Excellence (NICE)
Patient Experience in Adult NHS Services: Improving the Experience of Care for People Using Adult NHS Services
Linee guida ufficiali sull’importanza della relazione terapeutica nel migliorare l’aderenza e gli esiti terapeutici.
American Psychological Association (APA)
The Therapeutic Alliance in Psychological Treatment
Definizione e approfondimento sull’alleanza terapeutica, con focus sui suoi tre elementi fondamentali: obiettivi, compiti e legame emotivo.
Ministero della Salute (Italia)
Empatia e Comunicazione in Sanità: Buone Pratiche per il Rapporto Medico-Paziente
Documento che esplora il ruolo dell’empatia e della fiducia nella relazione medico-paziente, con esempi specifici applicabili anche alla nutrizione.
British Dietetic Association (BDA)
Dietetic Practice Guidance: Building a Trusting Relationship with Patients
Raccomandazioni per i dietisti e i nutrizionisti su come costruire e mantenere una relazione terapeutica efficace.
American Medical Association (AMA)
The Importance of Trust and Empathy in Medical Practice
Articolo che discute l’impatto della fiducia e dell’empatia sui risultati clinici e sull’aderenza terapeutica.
National Health Service (NHS)
The Role of the Therapeutic Relationship in Health Outcomes
Pubblicazione che evidenzia i benefici di una forte relazione paziente-terapeuta per migliorare la compliance e ridurre le barriere emotive.
Canadian Medical Association Journal (CMAJ)
Enhancing the Therapeutic Alliance in Healthcare
Studio che analizza l’importanza della comunicazione e della collaborazione nella relazione terapeutica, con implicazioni pratiche per nutrizionisti e medici.
World Federation of Mental Health (WFMH)
Empathy and Trust in Mental and Physical Health: A Global Perspective
Report che sottolinea il valore dell’empatia come strumento per migliorare la salute globale.
Academy of Nutrition and Dietetics (AND)
Building Rapport: The Key to Successful Nutrition Counseling
Linee guida per nutrizionisti e dietisti su come creare empatia e fiducia con i pazienti durante il counseling nutrizionale.
Journal of Medical Ethics
The Role of Shared Decision-Making in Healthcare
Articolo scientifico che approfondisce l’importanza del coinvolgimento attivo del paziente nella definizione degli obiettivi terapeutici.
Istituto Superiore di Sanità (ISS)
La Comunicazione come Strumento Terapeutico: Manuale per Operatori Sanitari
Manuale rivolto a medici, nutrizionisti e operatori sanitari sull’uso della comunicazione per creare un’alleanza terapeutica efficace.
Cochrane Database of Systematic Reviews
Effectiveness of Empathy Training for Healthcare Professionals
Revisione sistematica sull’efficacia della formazione all’empatia per migliorare la relazione terapeutica.